The essay intends to draw attention to the question of the color of the historic buildings. Through the illustration of some significant examples we want to stimulate some reflections in this regard, to bring attention to the problems related to urban colors; This question is often linked to 'misunderstood' valuations now conditioned by a rampant cultural and operational leveling. Some recent proposals, in fact, which have aroused dissatisfaction among the insiders, have brought interest to this issue, however, already widely discussed and investigated since the seventies of the twentieth century. These are mostly interventions that inevitably alter, with their presence, that chromatic relationship that is established over time, between building and context, introducing elements of "dissonance" that soon become examples to be emulated. These are repeated and arbitrary renewals, often based on manual indications and far from the disciplinary field of conservation and restoration, which tend to remove the "wrinkles" of time, which aim to completely rebuild the built, canceling out any trace of the past. To this we can also associate the many 'restorations' supported only by the pedestrian repetition of presumed original colors, or likewise those colorings that seem to ignore the lexicon of architectural orders. These complex experiences should be supported by a prior recognition of the values that define the work (historical, aesthetic, material, environmental, etc.); values can be identified only through a methodological and cognitive process - based on the deepening of stratigraphic successions, urban transformations and direct and indirect investigations - able to direct and guide the chromatic intervention in its fundamental articulations. Values sometimes completely ignored in the name of a 'cherished' exploitation guided solely by economic and material needs. In essence, the failure to recognize these peculiarities puts into practice an attitude that is harmful to architecture; in these cases we can no longer speak of optimization of values, but only of the production of dis-values which inevitably lead to the aesthetic, historical and material mortification of the architecture of our cities.

VIl contributo intende richiamare l’attenzione sulla questione delle coloriture dell’edilizia storica. Attraverso l’illustrazione di alcuni significativi esempi si vogliono stimolare alcune riflessioni in proposito, per riportare l’attenzione sulle problematiche legate alle cromie urbane; questione questa spesso legata a ‘malintese’ valorizzazioni ormai condizionate da un dilagante livellamento culturale e operativo. Alcune recenti proposte, infatti, che hanno suscitato insoddisfazione fra gli addetti ai lavori, hanno riportato l’interesse verso tale tema, peraltro, già ampiamente discusso e indagato a partire dagli anni Settanta del Novecento. Si tratta per lo più di interventi che, seppur eseguiti su singoli episodi architettonici, alterano inevitabilmente, con la loro presenza, quel rapporto cromatico che viene a instaurarsi, nel tempo, fra edificio e contesto, introducendo elementi di “dissonanza” che ben presto diventano esempi da emulare. Si tratta di ripetuti e arbitrari rinnovamenti, spesso impostati su indicazioni manualistiche e lontani dall’ambito disciplinare della conservazione e del restauro, che tendono a rimuovere le “rughe” del tempo, che mirano a rimettere completamente ‘a nuovo’ il costruito, cancellando ogni traccia del passato. A ciò si possono associare anche i molti ‘restauri’ sostenuti solo dalla pedissequa riproposizione di presunte cromie originarie, o parimenti quelle coloriture che sembrano ignorare il lessico degli ordini architettonici. Esperienze complesse queste che dovrebbero essere sostenute da un preventivo riconoscimento dei valori che definiscono l’opera (storico, estetico, materico, ambientale etc.); valori individuabili solo attraverso un processo metodologico e conoscitivo – basato sull’approfondimento delle successioni stratigrafiche, delle trasformazioni urbane e di indagini dirette e indirette – in grado d’indirizzare e guidare l’intervento cromatico nelle sue fondamentali articolazioni. Valori a volte del tutto ignorati in nome di una ‘vagheggiata’ valorizzazione guidata esclusivamente da esigenze economiche e materiche. In sostanza, il mancato riconoscimento di tali peculiarità mette in atto un atteggiamento lesivo nei confronti dell’architettura; in questi casi non si può più parlare di ottimizzazione di valori, ma solo di produzione di dis-valori che portano, inevitabilmente, verso la mortificazione estetica, storica e materica dell’architettura delle nostre città.

Coloriture architettoniche. Questioni aperte / Turco, Maria Grazia. - (2018), pp. 169-183. (Intervento presentato al convegno Vuolsi aiutare quel ch’è fatto, e non guastare quello che s’abbia a fare. Atti del V Seminario di formazione per gli insegnanti, Musei Vaticani, Anisa per l’educazione all’arte tenutosi a Rome, Italy).

Coloriture architettoniche. Questioni aperte

Turco, Maria Grazia
2018

Abstract

The essay intends to draw attention to the question of the color of the historic buildings. Through the illustration of some significant examples we want to stimulate some reflections in this regard, to bring attention to the problems related to urban colors; This question is often linked to 'misunderstood' valuations now conditioned by a rampant cultural and operational leveling. Some recent proposals, in fact, which have aroused dissatisfaction among the insiders, have brought interest to this issue, however, already widely discussed and investigated since the seventies of the twentieth century. These are mostly interventions that inevitably alter, with their presence, that chromatic relationship that is established over time, between building and context, introducing elements of "dissonance" that soon become examples to be emulated. These are repeated and arbitrary renewals, often based on manual indications and far from the disciplinary field of conservation and restoration, which tend to remove the "wrinkles" of time, which aim to completely rebuild the built, canceling out any trace of the past. To this we can also associate the many 'restorations' supported only by the pedestrian repetition of presumed original colors, or likewise those colorings that seem to ignore the lexicon of architectural orders. These complex experiences should be supported by a prior recognition of the values that define the work (historical, aesthetic, material, environmental, etc.); values can be identified only through a methodological and cognitive process - based on the deepening of stratigraphic successions, urban transformations and direct and indirect investigations - able to direct and guide the chromatic intervention in its fundamental articulations. Values sometimes completely ignored in the name of a 'cherished' exploitation guided solely by economic and material needs. In essence, the failure to recognize these peculiarities puts into practice an attitude that is harmful to architecture; in these cases we can no longer speak of optimization of values, but only of the production of dis-values which inevitably lead to the aesthetic, historical and material mortification of the architecture of our cities.
2018
Vuolsi aiutare quel ch’è fatto, e non guastare quello che s’abbia a fare. Atti del V Seminario di formazione per gli insegnanti, Musei Vaticani, Anisa per l’educazione all’arte
VIl contributo intende richiamare l’attenzione sulla questione delle coloriture dell’edilizia storica. Attraverso l’illustrazione di alcuni significativi esempi si vogliono stimolare alcune riflessioni in proposito, per riportare l’attenzione sulle problematiche legate alle cromie urbane; questione questa spesso legata a ‘malintese’ valorizzazioni ormai condizionate da un dilagante livellamento culturale e operativo. Alcune recenti proposte, infatti, che hanno suscitato insoddisfazione fra gli addetti ai lavori, hanno riportato l’interesse verso tale tema, peraltro, già ampiamente discusso e indagato a partire dagli anni Settanta del Novecento. Si tratta per lo più di interventi che, seppur eseguiti su singoli episodi architettonici, alterano inevitabilmente, con la loro presenza, quel rapporto cromatico che viene a instaurarsi, nel tempo, fra edificio e contesto, introducendo elementi di “dissonanza” che ben presto diventano esempi da emulare. Si tratta di ripetuti e arbitrari rinnovamenti, spesso impostati su indicazioni manualistiche e lontani dall’ambito disciplinare della conservazione e del restauro, che tendono a rimuovere le “rughe” del tempo, che mirano a rimettere completamente ‘a nuovo’ il costruito, cancellando ogni traccia del passato. A ciò si possono associare anche i molti ‘restauri’ sostenuti solo dalla pedissequa riproposizione di presunte cromie originarie, o parimenti quelle coloriture che sembrano ignorare il lessico degli ordini architettonici. Esperienze complesse queste che dovrebbero essere sostenute da un preventivo riconoscimento dei valori che definiscono l’opera (storico, estetico, materico, ambientale etc.); valori individuabili solo attraverso un processo metodologico e conoscitivo – basato sull’approfondimento delle successioni stratigrafiche, delle trasformazioni urbane e di indagini dirette e indirette – in grado d’indirizzare e guidare l’intervento cromatico nelle sue fondamentali articolazioni. Valori a volte del tutto ignorati in nome di una ‘vagheggiata’ valorizzazione guidata esclusivamente da esigenze economiche e materiche. In sostanza, il mancato riconoscimento di tali peculiarità mette in atto un atteggiamento lesivo nei confronti dell’architettura; in questi casi non si può più parlare di ottimizzazione di valori, ma solo di produzione di dis-valori che portano, inevitabilmente, verso la mortificazione estetica, storica e materica dell’architettura delle nostre città.
colore; città; restauro; valorizzazione
04 Pubblicazione in atti di convegno::04b Atto di convegno in volume
Coloriture architettoniche. Questioni aperte / Turco, Maria Grazia. - (2018), pp. 169-183. (Intervento presentato al convegno Vuolsi aiutare quel ch’è fatto, e non guastare quello che s’abbia a fare. Atti del V Seminario di formazione per gli insegnanti, Musei Vaticani, Anisa per l’educazione all’arte tenutosi a Rome, Italy).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1216495
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